L’importanza di chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde

Presentazione del lavoro

Non è stato semplice trovare un’idea per la rappresentazione di questa particolare scena dell’opera di Wilde. Vi era sì la possibilità di trovare soluzioni estreme di particolare effetto ma che non avrebbero potuto avere una conseguente relazione col resto dell’opera; la mia personalissima idea è che quanto recitato avrebbe dovuto legarsi all’opera nella sua completezza. Il testo di Wilde con le sue battute eleganti, ben legate nell’immaginario a personaggi di una chiara e determinata epoca rendeva inoltre difficoltosa la ricontestualizzazione in altro ambito; il rischio era che tale operazione potesse apparire completamente artificiosa e forzata.

L’idea finale è stata così quella di amplificare il testo ed il carattere dei personaggi rendendoli completamente inumani. I personaggi sono stati “fumettati” come un disegno di Magnus, dalle chine molto marcate. La timidezza di Jack diventa “secolare” e ciò che accade, aspettava sospeso nel tempo di compiersi da decenni, tanto da segnare il suo stesso fisico. Gwendolen è a tal punto “brava ragazza” da attendere così innaturalmente felice questa dichiarazione d’amore che la freschezza ne attraversa ancora lo spirito ma ne segna indubbiamente il viso. Tutti e tre i personaggi sono tra le strisce di un fumetto ed i loro movimenti, schematici e mai naturali, rafforzano questa scelta. Nel contempo il testo di Wilde viene amplificato da questi meccanismi mentre inutili gesti del corpo, che potevano nascondere l’ironica eleganza delle frasi, vengono eliminati. Tutta la scena si svolge completamente al di fuori del tempo, in un luogo dove anche le comparse rafforzano questa estraniazione. Non esiste un contatto diretto con la nostra realtà. Le persone sono scenografia.

L’ultimo personaggio, Lady Bracknell, aspettava di entrare nel disegno da così tanto tempo che quando ne entra è diventata così terribilmente maligna da diventare parodia di sé stessa. Lei è un mostro; regina di mostri e di questa corte ne è anche la più viva.

Ruggero Fracchia