Ubu re di Alfred Jerry

Nota informativa sulla messa in scena

Per la mia messa in scena ho utilizzato la traduzione dell’Einaudi, con qualche libero adattamento, cercando un iniziale punto di riferimento in una delle principali case editrici italiane.

Nell’approntare questa regia ho autonomamente fissato tre punti il cui rispetto, così come richiesto dal bando, mi permetterà di non stravolgere l’opera:

Il primo punto è il MERDRE iniziale e, di necessaria conseguenza, i successivi; considero il “merdre” una sorta di bandiera di questo spettacolo; quando fu pronunciato per la prima volta, nel 1896, mise il pubblico di fronte ad una esclamazione più consona alla sfera privata che ad una morale pubblica e questa fusione non fu accettata da tutti.
Cercare di ritrovare oggi quella stessa sensazione, trasponendola eventualmente nella lingua italiana, avrebbe potuto, però, farmi correre il rischio di deviare verso una volgarità fuori luogo.
Ho così pensato che il suono di questa esclamazione francese, anche dopo 110 anni, avrebbe potuto egualmente infastidire senza volgarizzare in modo errato.

il secondo punto che ho voluto mantenere è l’ironia dell’opera; è presente nel testo e occorre mantenerla.

il terzo punto è il più importante: Jarry, terminata la prima, il 10 dicembre 1896 al Theatre de l’Ouvre di Parigi, aveva diviso il pubblico; c’era chi amava l’opera e chi non gli perdonava di aver superato i limiti dell’etica corrente. Questa divisione, inevitabile per un prodotto artistico, per quei tempi, così innovativo, penso debba essere ricercata anche oggi e con gli stessi fini, ogni volta che si rappresenti “L’Ubu re”.

In conclusione, dopo essermi dato questi tre punti da rispettare, ho immaginato il mio Ubu, personaggio negativo, come un batterio che vive nell’intestino.
Questo essere, parassita e saprofita mira alla conquista di parti di corpo leggendarie come la Polonia, vive con Madre Ubu e l’amico Pus e combatterà un giorno contro uno Zar macrofago.
Rinchiudere Ubu in un universo così particolare mi permette di sottolinearne la sua istintiva, belluina umanità
Il suo mondo è, in effetti, limitato dai propri bisogni e poterlo rinchiudere in un universo fisico a sè stante così definito, permette di esaminarlo in un modo quasi scientifico.
Si potrà così osservare ch’egli, sicuramente, non prevede le conseguenza delle sue azioni e il suo modo di agire è dettato solo da un bulimico bisogno di vivere la vita che cancella qualsiasi evoluta ricerca degli effetti.
L’unica cosa che realmente spaventa Ubu è, nella pratica, la paura della morte; il suo comportamento, dettato dall’ottenere dalla vita ciò che essa dà in quel momento, senza pensare al poi è, in definitiva, un modo di agire molto umano.

Ruggero Fracchia